Stile, storia e curiosità
La Basilica di Santa Croce è l’icona del barocco leccese, l’espressione che meglio rappresenta le affinità e le divergenze con il barocco nazionale. L’aspetto attuale della chiesa risale al 1548, ma la sua storia è molto articolata.
Due secoli prima, nel 1352, Gualtieri IV di Brienne, conte di Lecce e duca d’Atene, introdusse a Lecce l’ordine dei Celestini destinando ai monaci l’area dove oggi insiste il castello di Carlo V. Successivamente essendo Lecce ritenuta città strategica del Viceregno spagnolo, nel processo di riorganizzazione urbana per contrastare il pericolo delle invasioni, fu deciso di demolire la primitiva chiesa di Santa Croce e di utilizzare quell’aera per ingrandire il castello e rafforzare le mura della città con bastioni e fossati. Per costruire ex novo chiesa e monastero ai Padri Celestini fu destinato un altro luogo in un tratto della nuova cinta bastionata. L’ordine venne sostenuto con la somma annuale di oltre 200 ducati provenienti dagli introiti della Regia Dogana. A dieci anni dalle disposizioni di Carlo V, nel 1548, iniziarono i lavori per la costruzione del complesso, dando priorità al monastero perché i monaci necessitavano di alloggi.
I Celestini commissionarono l’opera a Gabriele Riccardi, un raffinato architetto leccese attivo nella prima metà del Cinquecento. La nuova chiesa fu titolata alla Santa Croce: questo nome oltre a stabilire una continuità col passato aveva un forte riferimento alla croce che trionfa sul male e sul paganesimo. Nel 1571 la vittoria di Lepanto aveva inflitto una dura sconfitta ai turchi, circostanza quanto mai opportuna per celebrare la fede e il simbolo della croce.
La costruzione della chiesa necessitò di continui e cospicui finanziamenti. Il Riccardi si espresse tra lo stile rinascimentale e l’emergente stile barocco già in voga in Spagna. Morto il Riccardi i lavori vennero continuati dalle maestranze che si erano formate alla sua scuola. Per oltre mezzo secolo si avvicendarono architetti e scultori che, come riporta un’iscrizione, ultimarono i lavori nel 1695. Per due secoli i Padri Celestini arricchirono la chiesa grazie alle cospicue rendite dell’ordine.
Con la soppressione disposta dal Regio Decreto del 13 febbraio 1807 la basilica subì un periodo di abbandono, tra il 1814 e il 1818 fu persino utilizzata come deposito da un privato. A causa di continui saccheggi e atti vandalici, per evitare la dispersione delle opere d’arte si provvide al trasferimento di due altari, di alcuni quadri e statue nella chiesa di San Matteo e in Cattedrale. Nel 1820 l’Intendenza di Terra d’Otranto destinò la chiesa ad Archivio Provinciale. Successivamente un decreto governativo del 1828 dispose un restauro della chiesa che venne affidata alla confraternita della SS. Trinità e di San Filippo Neri. Nel 1906 fu riconosciuta monumento nazionale e Pio X le conferì il titolo di basilica minore. Nel 1913 divenne parrocchia. Nel periodo della seconda guerra mondiale si costruì una cortina di mattoni a contrafforte per proteggere il monumento dai danni bellici.
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